Cresce l’occupazione femminile a Sassari, merito degli asili nido

Più donne che lavorano a Sassari nel 2025.

Ci sono buone notizie per Sassari riguardo l’occupazione femminile e il miglioramento dei servizi per l’infanzia, come gli asili nido, che sono strettamente legati (perché cruciali) alla partecipazione delle donne nel mercato del lavoro. In città aumentano le donne che lavorano che dal 58% dello scorso anno passano al 61,2%, superando per più di 5 punti la media nazionale, che è del 55,3%.

Tuttavia, il divario con gli uomini occupati è piuttosto marcato, di circa dieci punti percentuali, poiché il tasso di occupazione maschile è invece del 71,3%. Come nel resto d’Italia è la nascita dei figli a scoraggiare le donne sassaresi ad entrare nel mercato del lavoro. Ciò emerge nel nuovo studio di OpenPolis che, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, indaga sullo stretto rapporto tra l’abbandono del lavoro delle madri e la carenza di asili nido.

A Sassari l’occupazione femminile è cresciuta grazie all’incremento dei posti negli asili nido nel comune. In città oggi ci sono 61,5 posti ogni 100 bambini residenti dai 0 ai due anni. Come detto precedentemente, in molte parti d’Italia la presenza di asili nido nel territorio è strettamente correlata con l’occupazione femminile.

Il recente rapporto di Openpolis stilato in occasione dell’8 marzo è interessante, perché mostra una mappa dove è possibile notare come nei comuni con più asili nido sia effettivamente più alta la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro. Anche in provincia di Sassari esistono paesi, soprattutto dell’entroterra, dove sono poche le donne che lavorano perché gli asili nido sono pochi o non ce ne sono.

Prendiamo ad esempio un paese dell’entroterra come Mores. Qui l’occupazione femminile è soltanto del 52,6% contro quella maschile del 72,7%. Nel comune non ci sono asili nido. Un altro esempio è Bortigiadas (in Gallura) dove la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro è del 54,1%, mentre il tasso di occupazione maschile è invece 82,5%. Anche qua mancano gli asili nido.

Da notare è che in tanti comuni dell’entroterra è bassa anche la partecipazione maschile al mercato del lavoro e questa è una caratteristica prettamente regionale. Tuttavia, lo studio mostra come il rapporto tra occupazione femminile e presenza di asili nido in un dato comune siano strettamente correlate tra loro. Così come il divario occupazionale tra uomini e donne è proporzionale alla presenza di nidi per l’infanzia in un dato territorio, dove risulta maggiore più la carenza di servizi è ampia.

Nei paesi senza asili nidi il tasso occupazionale delle donne è basso.

L’Italia purtroppo si pone in forte ritardo su questo aspetto, situazione aggravata dalla presenza di forti stereotipi di genere che indicano la cura dei bimbi come una questione prettamente femminile. Infatti la cura dei bimbi è fortemente sbilanciata sulle madri e, per tale ragione, una mamma su cinque lascia il lavoro nel nostro Paese. Tali stereotipi di genere fortemente radicati si pongono in contrasto con gli investimenti del Governo su questi essenziali servizi per l’infanzia. Questi servizi dunque sono necessari per sfidare pregiudizi ancora presenti in larga parte del paese.

Le mamme che non hanno supporto dal partner nella cura dei figli possono negli asili nido trovare un supporto essenziale. Ma questo in Italia non accade dappertutto e questo si traduce nella bassa partecipazione femminile nel mercato del lavoro, che raggiunge soltanto il 54,8%.

E’ evidente dunque lo svantaggio con gli uomini, perché nel loro caso la nascita di bambini porta un vantaggio occupazionale. Nel Belpaese i papà nel mercato del lavoro sono infatti il 91,9%. Se nella stragrande maggioranza dei paesi europei il divario tra tasso di occupazione maschile e femminile è diminuito tra il 2014 e il 2023, in Italia, purtroppo, la situazione è peggiorata.

Il gap in Italia si è ulteriormente allargato di 3,3 punti percentuali, ma il paese non è solo perché ce ne sono tre che fanno addirittura peggio. Sono la Romania (+10,3 punti percentuali), Grecia (+4,6) e Spagna (+3,4).

Per quanto riguarda il divario occupazionale tra uomini e donne con figli, l’Italia è al quartultimo posto in Europa, preceduta da Spagna e seguita da Grecia, Romania e Repubblica Ceca. Anche a Sassari tale divario occupazionale tra uomini e donne è cresciuto in in un anno, passando dal 9,7 al 10,1. Ciononostante la crescita delle donne sassaresi nel mercato del lavoro. Non è un caso se in questo contesto Sassari, come gran parte dell’Italia sta attraversando un calo delle nascite, così come paesi come Grecia e Spagna.

Stando a quanto riporta Openpolis, nei comuni dove il tasso di occupazione di donne e uomini è più paritario, l’offerta di nidi e servizi prima infanzia raggiunge i 40 posti ogni 100 bambini. Il problema italiano, rispetto a paesi come la Grecia, è prettamente territoriale. Nel Nord e Centro Nord l’occupazione femminile è in aumento, così come i posti negli asili nido. La Sardegna si trova a metà strada, ma nel Sud la situazione è peggiorata. In città come Milano l’occupazione femminile è del 75,7%, che sale all’81,9% a Belluno. Numeri analoghi a paesi come Svezia e Danimarca. OpenPolis evidenzia che qui l’offerta di servizi per la prima infanzia supera la media nazionale (30 posti ogni 100 bambini).

Al contrario al Sud sono meno della metà le donne occupate. Ad esempio a Catania la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è solo del 42,1%. Qui ci sono appena a 8 posti nei nidi ogni 100 bambini. In alcuni comuni del Mezzogiorno l’occupazione femminile scende addirittura sotto il 30%. Lo studio ha evidenziato inoltre che è importante investire negli asili nido e nelle scuole d’infanzia non solo per favorire l’occupazione femminile, ma anche per i benefici sui bimbi, sia in termini di capacità di apprendimento che di crescita personale e sviluppo sociale. Non è un caso se la povertà educativa è più dove c’è carenza dei nidi. E’ dunque compito del Governo migliorare la quota dei servizi per la prima infanzia sia per favorire l’occupazione delle donne e prevenire la povertà educativa, che la ripresa delle nascite.

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