Vent’anni dopo il delitto di Cogne, da Sassari parla lo psichiatra di Annamaria Franzoni

Lo psichiatra Giancarlo Nivoli parla del delitto di Cogne a vent’anni dall’accaduto.

Vent’anni dal delitto di Cogne. L’anniversario della morte del piccolo Samuele Lorenzi – ucciso il 30 gennaio 2002 – ha ridestato negli ultimi giorni uno dei peggiori traumi collettivi del terzo millennio italiano. Ne parliamo con chi ha seguito la vicenda da vicino: Giancarlo Nivoli, genovese ma trapiantato da decenni a Sassari, presidente della Società italiana di psichiatria forense e a suo tempo perito della difesa di Annamaria Franzoni, madre della vittima e principale sospettata dell’omicidio.

“Non entro – esordisce cauto il professore – in merito ai problemi giuridici del processo. Posso dire che la persona indiziata è stata oggetto di numerose perizie psichiatriche”. Che non hanno dato risultati univoci creando un fossato sulla consapevolezza o meno del gesto violento.

“Esiti così diversi – spiega Nivoli – sono legati a diverse scuole di pensiero. Alcuni tendono a psichiatrizzare e a trovare patologie, altri hanno un concetto di normalità molto più esteso“. Insomma, o tutti matti o tutti sani. E la Franzoni? “Preferirei restare sul vago – procede guardingo il docente – ho parlato con la signora e la famiglia in diverse occasioni a casa della madre di lei riscontrando valori morali ed etici e religiosi molto solidi e anche molto applicati nella vita quotidiana”. Il dilemma però è sulla personalità della donna, su cui sono caduti molti sospetti anche per la sovresposizione mediatica data dalle sue ospitate a programmi come il “Maurizio Costanzo Show”. “Quando ci siamo incontrati – pesa le parole Giancarlo Nivoli – lei mi è parsa molto turbata e confusa da quello che era successo ma con tutte le caratteristiche psicologiche e psichiche adatte per poter riprendere una vita normale e soddisfacente”.

Il professore nella sua perizia doveva evidenziare solo una cosa: “Il nostro compito è stabilire se il presunto colpevole sia capace di intendere e di volere al momento del fatto e in relazione al fatto. Tutto questo non va confuso con la verità dell’accaduto che spetta al magistrato”. Il quale ha condannato nel 2008 a sedici anni di carcere Annamaria Franzoni che, dopo averne scontati meno di undici grazie all’indulto e ai giorni di liberazione anticipata, dal 2018 non è più neanche ai domiciliari. Il “giallo di Cogne” però continua a destare clamore: “Guardi, non è stato il caso più complicato ma uno di quelli che è stato complicato di più“. Anche per il clamore mediatico scoppiato sulla vicenda e per il suo enorme impatto sugli italiani. Su questo Nivoli prova a diagnosticare: “Il delitto – conclude lo psichiatra – ha suscitato una sorta di psicoterapia a livello nazionale. I tanti dubbi sulla vicenda hanno permesso a ognuno di proiettare paure e desideri sull’accaduto. Succede lo stesso con la macchia di Rorschach, la sua indeterminatezza causa interpretazioni diverse”.

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