Due mesi con la paura del coronavirus, Sassari fa il punto sull’emergenza: “Presto per abbassare la guardia”

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L’emergenza coronavirus e la fase 2 a Sassari.

L’invito è quello di non abbassare la guardia. A Sassari come nel resto dell’isola. Puntando sulla sanità in un contesto, come quella del nord Sardegna, che da una situazione tra le peggiori a livello regionale ha saputo risollevarsi. È questo il senso degli interventi in occasione della tavola rotonda svolta stamane a Sassari per fare il punto sull’emergenza del coronavirus e sulla fase 2.

“Dobbiamo fare una riflessione puntando sui servizi territoriali con una sanità che non guarisca malattie, ma produca salute – ha affermato il presidente del Consiglio regionale, Michele Pais -. Possiamo trarre certamente degli insegnamenti. Sassari ha dato il più grande sacrificio in termini di vite umane. Una grande strage di nonni”.

Anche il sindaco di Sassari Nanni Campus ha posto l’attenzione sulla sanità diventata in poco tempo d’eccellenza. “Occorrono messaggi che sciolgano il terrore, ma avere anche indirizzo mi di serenità per il riavvio nella fase 2. Il messaggio deve essere il più chiaro possibile richiamando sui rischi che ancora si corrono e sulla sanità messa all’indice come la peggiore della sanità diventando invece guida per altre parti della Sardegna”.

Un ringraziamento anche agli uomini e alle donne che hanno lavorato sul territorio è giunto dal rettore dell’Università di Sassari, Massimo Carpinelli. “Spero che tutto questo ci insegni qualcosa. La sanità come l’università ha subito la scure dei tagli. La Sardegna ha un’opportunità straordinaria, grazie anche alla posizione geografica, dove l’epidemia si può controllare diventando un esempio per l’Italia e per il mondo”, ha commentato.

Secondo i dati, il picco dell’emergenza coronavirus, nella provincia di Sassari, è avvenuto lo scorso 6 aprile. Dati confortanti che non devono indurre ad abbassare la guardia, ma ragionando sugli elementi positivi come il tasso di letalità che è stato del 20%, mentre in Lombardia tra il 35 e 47 %.

Ma sono rassicuranti le parole del responsabile della clinica di Malattie infettive, professor Sergio Babudieri: “I sintomi erano quelli di una banale influenza, per cui all’inizio eseguivamo un certo tipo di cure. Ma è tra l’ottava e la decima giornata che i sintomi si aggravavano – ha raccontato il professore -. Ci sono pazienti positivi anche da 2 mesi. Attenzione a falsi proclami sul plasma, per quanto mi riguarda la cura migliore resta quella dell’eparina. Il peggio sembra passato, ma non è il momento di abbassare la guardia”.

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