Pesca illegale nell’area marina protetta di Capo Caccia: sequestrati 2mila ami

Il ritrovamento della Guardia costiera di Alghero.

Nel corso dell’arco serale del 6 novembre 2020, militari in forza alla Guardia Costiera di Alghero, impegnati nelle consuete attività di pattugliamento della costa e di controllo della filiera della pesca, hanno scorto, all’interno della Zona A di riserva integrale dell’Area Marina Protetta Capo Caccia – Isola Piana, un palangaro illegalmente posizionato in una porzione di mare all’interno del quale, sulla scorta di provvedimenti normativi nazionali particolarmente stringenti a tutela dell’ambiente marino, sono vietate tutte le attività che non abbiano una finalità prettamente scientifica ovvero di controllo.

I militari, nel corso dell’attività, hanno potuto appurare che pescatori di frodo, verosimilmente non professionali, avevano, di fatto, circondato l’intera Isola Piana, posizionando l’attrezzo illegale lungo tutto il perimetro della stessa a circa 10 metri dalla costa rocciosa. Il personale intervenuto ha provveduto a salpare l’attrezzo con evidenti difficoltà derivanti dalla scarsa visibilità e dall’eccessiva vicinanza alla costa, bonificando la zona interessata.

Il palangaro, posizionato verosimilmente poche ore prima dell’intervento della Guardia Costiera, composto da circa 2000 ami ed avente una lunghezza di almeno 2 chilometri, è stato posto sotto sequestro ed i fatti in parola sono stati puntualmente riportati alla competente Procura della Repubblica. Gran parte del pescato è stato restituito al mare in quanto rinvenuto allo stato vitale; la restante parte, certificata come idonea al consumo umano, è stata devoluta alla locale Caritas.

Il Comandante dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Alghero, Pierclaudio Moscogiuri, sottolinea come sempre più spesso vengano rilevati comportamenti denotanti una scarsissima cultura del mare ed un profondo disinteresse per la salvaguardia dell’ambiente marino e della biodiversità. L’agire indiscriminato di pochi soggetti irrispettosi rende vano l’impegno profuso quotidianamente dalla maggioranza degli utenti del mare, sportivi e soprattutto professionali. Il fatto accertato si configura quale condotta grave e decisamente censurabile meritevole di ogni sforzo possibile mirato all’individuazione dei responsabili.

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