Il nuovo libro dello scrittore sassarese Pier Bruno Cosso.
Un corretto medico di famiglia all’alba di un sabato di primavera si ritrova la casa invasa dai carabinieri per una perquisizione selvaggia, senza tanti complimenti e nessuna spiegazione. Inizia cosi, il nuovo libro “Solo danni collaterali” dello scrittore sassarese Pier Bruno Cosso.
“Da li inizia la discesa a spirale del dottore che mano a mano si vede scippare tutta la sua vita – racconta lo scittore – . Con la rabbia di essere vittima di un errore giudiziario, con la rabbia di sapere che quello che lo perseguita non la pagherà mai perché in Italia i giudici non sono civilmente responsabili del loro operato. Nel libro si difende il nostro eccellente sistema giudiziario, ma si lancia un grido d’allarme perché è un organismo senza difese immunitarie, non in grado di perseguire le schegge impazzite. Il libro racconta una storia vera che poi è stata romanzata e spero che i lettori possano apprezzare l’intreccio comunque di narrativa, indipendentemente da ciò che è vero o frutto della mia fantasia”.
Pier Bruno Cosso, è nato a Sassari nel 1956, e la Sardegna è l’unico posto dove immagina di poter vivere. Scrive da sempre, per se stesso, ma è uscito a fatica dal suo guscio silenzioso con i primi libri: Il giorno della tartaruga (2013), e Dannato Cuore (2015) entrambi Parallelo45. Poi è arrivata la raccolta di racconti Fotogrammi slegati (2018) e Il Seme Bianco (Gruppo Elliot–Castelvecchi). Ora tocca al suo nuovo romanzo Solo danni collaterali di Marlin Editore.
Una passione che parte da lontano, “forse dal bisogno di sognare – commenta l’autore -. Non credo molto all’ipotesi che chi scrive debba comunicare qualcosa agli altri, deve comunicare qualcosa a sé, per fare un po’ di luce, o analizzare i suoi tormenti. Solo danni collaterali mi sono messo a scriverlo perché è la storia che è venuta a cercare me: il vero protagonista una notte dell’estate scorsa mi ha telefonato per suggerirmi, come scrittore, di raccontare la sua odissea. La sua vicenda ormai era conclusa, io l’avevo seguita molto bene, e lui voleva far sentire la sua voce, il suo grido di dolore, rimasto sepolto sotto i fascicoli di un giudice bullo. Sentire la sua profonda amarezza, ancora, mi ha mosso sensazioni forti, e ho sentito quasi l’urgenza di srotolare la storia che mi sentivo già dentro”, conclude.