Le proposte fatte alla Regione contro il covid dagli studenti di Sassari.
Gli studenti di Sassari fanno arrivare la propria voce fino al governo. Uno degli strumenti usati per recapitare proposte e umori al gotha della politica sono le consulte studentesche di cui Marco Scognamillo, in terza al liceo classico Azuni, è uno dei rappresentanti. “La consulta promuove iniziative – ci spiega il sedicenne – di sensibilizzazione su temi come l’ambiente, le discriminazione di genere, razziali o nei confronti di persone con disabilità”. Le idee arrivano agli uffici scolastici provinciali in autonomia rispetto ai presidi per poi essere smistate sul piano regionale e nazionale. Il tema portante di questi ultimi due anni è però il covid e pochi giovani come Marco, rappresentante delle consulte del liceo Azuni (insieme al collega Enrico Corrias), presidente della consulta provinciale studentesca di Sassari e del coordinamento regionale delle consulte, possono dare un’idea del peso dell’emergenza da coronavirus. Cominciando dall’ultimo periodo che ha visto l’oltre 90 per cento delle classi promuovere un’agitazione contro il rientro alla didattica in presenza.
“Come consulta – riferisce il ragazzo – non possiamo indire scioperi. Insieme agli altri presidenti di provincia ci siamo limitati a stilare delle proposte come l’uso delle mascherine Ffp2, l’obbligo di disinfettare la cattedra e lo scaglionamento temporale degli ingressi”. In particolare è stato posto l’accento sulle modalità di screening. “Se l’avessero organizzato le scuole, con il coinvolgimento dei dirigenti e unito a un tracciamento periodico avrebbe dato un quadro molto più preciso rispetto ai tamponi una tantum visti una settimana fa”.
Le proposte dei ragazzi non hanno ricevuto nessuna risposta da parte della Regione, raggiunta con email indirizzate al suo presidente, Christian Solinas, all’assessore della Sanità Mario Nieddu e al titolare dell’Istruzione Andrea Biancareddu. Inascoltato pure il sondaggio indetto dai rappresentanti di istituto che ha visto rispondere circa sedicimila studenti sardi alla semplice domanda: Preferisci la didattica a distanza? “La maggioranza ha risposto sì perché si sentiva insicura. Con due settimane di dad avremmo aspettato che la curva scendesse evitando, come sta succedendo adesso, di vedere mezza classe in presenza e l’altra, covid positiva, a casa”.
Marco, che precisa di parlare solo per la componente studentesca, sfata il mito della pigrizia giovanile in tema di apprendimento: “Se non avessimo voluto tornare in classe, avremmo chiesto la dad fine a se stessa. E non è così”. Per il resto i dubbi sulle misure di contenimento governative sono gli stessi sottoscritti da tanti adulti: “Tram troppo affollati, incoerenza di fondo nel quadro normativo, difficoltà a seguire i protocolli, con ogni grado di istruzione che fa storia a sé”. Soprattutto sottolinea come molti studenti vogliano stare a scuola a contatto coi coetanei: “Abbiamo perso molto in questi due anni. Il trauma vissuto ce lo porteremo dietro per molto tempo. Entrare in classe, ripercorrere i corridoi ci aiuta a ritrovare la socialità, il contatto e a rieducarci alla risposta alle emozioni”.