L’università di Sassari si occupa degli stambecchi.
Il riscaldamento globale mette a serio rischio gli stambecchi. Lo ha evidenziato una ricerca dell’Università degli Studi di Sassari che ha dimostrato che questo animale alpino diventa più notturno in risposta al caldo sia nelle aree dove è presente il lupo (nel Parco Nazionale del Gran Paradiso) sia in zone dove il predatore non c’è ancora (Parco Nazionale Svizzero).
Il bisogno di vivere in condizioni ideali da un punto di vista termico è più importante del rischio di essere predati. Questo potrebbe anche significare che il cambiamento climatico – a lungo andare- potrebbe essere davvero pericoloso non solo per gli stambecchi ma anche per altre specie poco adatte alle temperature più elevate.
La risposta di questo ungulato, che con il maggior caldo si sposta in aree meno idonee, aumentando l’attività notturna e accettando un rischio di predazione maggiore, potrebbe essere messa in atto anche da altre specie tipicamente diurne. Tali cambiamenti implicherebbero un peggioramento delle condizioni di vita e un aumento del rischio di predazione, poiché queste specie si sono evolutie per essere attive di giorno.
Lo studio – condotto da Dr.ssa Francesca Brivio e Prof. Marco Apollonio del Dipartimento di Medicina Veterinaria con il contributo dell’Università di Ferrara e delle due aree protette – ha dimostrato che l’aumento di attività notturna in relazione alla temperatura è simile sia nei maschi sia nelle femmine, anche se queste ultime pesano circa la metà dei maschi e hanno corna decisamente più piccole, andando quindi incontro a un rischio di predazione più elevato.
Le dirette conseguenze della ricerca per ora sono essenzialmente due. In primis, se gli animali cambiano i momenti del giorno in cui sono attivi, sarà necessario rivedere le nostre attività di gestione della fauna, ad esempio i censimenti, perché durante le ore di luce si farà più fatica a trovare e contare gli animali. Inoltre, sarà fondamentale ridurre le altre sorgenti di stress che potrebbero forzare ulteriormente gli animali ad essere meno attivi di giorno. Ad esempio, riducendo la presenza di turisti nelle aree più utilizzate dagli stambecchi o evitando il sorvolo di elicotteri.
“La ricerca mette in luce un’ulteriore conseguenza del riscaldamento globale che forzerà alcune specie diurne a essere attive di notte, accettando un incremento nel rischio di predazione. Le conseguenze ultime di questi cambi nel comportamento delle specie diurne non sono ancora evidenti e bisognerà capire se potranno mettere a rischio la conservazione di queste specie”, concludono i ricercatori.