Il mercato si è trasferito sulle spiagge.
Sei sotto l’ombrellone, adagiato sull’asciugamano. Spiaggiato, come una balena in agonia. Le palpebre si fanno pesanti. È tutto nero, senti avvicinarsi un passo pesante. Sarà un bambino che gioca sulla sabbia vicino a te, un bambino molto grosso a giudicare dal suono della sabbia. Senti una voce, inizialmente lontana: “Buongiorno signore, formaggio buono vi abbisogna?”. Tipico accento del centro-nord Sardegna. Salti sull’asciugamano. Un ragazzo ben vestito, educato, elegante e profumato, sta cercando di venderti del formaggio.
Lo produce lui con suo fratello nell’azienda di famiglia. Quantità minima una “formina”, di almeno 5 chili di bontà che ti giuri, ricomprerai presto. L’affare si conclude nei parcheggi della spiaggia. Ha un furgoncino frigorifero attrezzatissimo. Divide la forma in 5 parti dentro buste sottovuoto. Pesata e scontrino. Non vuole pubblicità: “Lo facciamo per farci conoscere dai turisti. A volte andiamo anche nella penisola”, spiega.
Tutto come un mercatino
Ma ora che sei nuovamente sveglio, ti accorgi che intorno a te c’è una “guerra”. Il mercatino rionale si è trasferito in spiaggia. Ad Alghero come a San Teodoro. C’è di tutto. Il solito “cocco bello”, l’anguria fresca, l’uva, il mango. E poi la granita. Ti scorre davanti tutto il reparto alimentari.
Più in là c’è una postazione fissa, è il reparto abbigliamento, in un banchetto che propone bigiotteria, vestitini donna/bambina, costumi uomo, donna e bambini, vasto assortimento di taglie, “prendi 3, paghi 2”. C’è la concorrenza itinerante, l’uomo con gli appendi abiti sulle braccia, che propone “tutta roba bellina”. E poi: “È arrivato Mustaphà”. Ha una pila di almeno 2 metri di cappellini da pescatore in testa. E manco a dirlo, si riempie di uomini stempiati che fanno a gara per averne uno. Passa la signora in abito tradizionale, propone borse per il mare.
Più avanti c’è proprio il reparto mare. Dai gonfiabili di tutti i generi alle stuoie, ma anche ciabatte, picchetti, borse frigo, palloni. Il reparto tecnologico propone powerbank, bastoni per selfie, porta cellulari anche impermeabili, casse bluetooth.
Ma quest’anno a rubare gli sguardi di tutta la spiaggia c’è il carretto con gli occhiali da sole brasiliani in legno, fatti a mano. Le signore più chic non possono fare a meno di avvicinarsi per chiedere informazioni. E parte il racconto del ragazzo di Rio, che scambia il numero e il profilo instagram con tutti e tutte, ma vende poco.
Il cantante da spiaggia
Arriva il ragazzino con la chitarra che per due euro ti canta una canzone. “Le bionde trecce, gli occhi azzurri, e poi…”. E poi si dimentica le parole. Ma dopotutto non è Battisti, perdonato e pagato, contenti tutti.
“Cocco bello”: ancora? Un ragazzo con l’accento napoletano, l’ennesimo. “Perchè siete tutti napoletani?”, gli chiedo. La risposta mi lascia di stucco: “Voi sardi dovete svegliarvi, non sapete gestire il vostro territorio”. Ha 25 anni, è uno studente in “vacanza-lavoro”, e credo abbia capito già tanto della vita.
Stai per riprendere sonno ma si scatena un ritmo infernale di djembe, il classico tamburo africano: “Nanneddu meu, su mundu est gai, a sicut erat, non torrat mai…”. Sono due ragazzi africani: “Scusate il disturbo, scusate il rumore, lo facciamo per la dignità”. L’applauso del pubblico sotto gli ombrelloni è sincero, le offerte spontanee.
Nel mentre, un ragazzo col carretto di vestiti ti ha agganciato l’ombrellone e te ne accorgi appena in tempo. Anche lui perdonato, sta lavorando, lo aiuti a sganciarsi dall’ombrellone. Ripensi ai classici “vu cumprà” degli anni ’80. È cambiato tutto, la spiaggia è lo specchio della società. Ti torna in mente quel ritornello a ritmo di djembe: “Su mundu est gai, a sicut era non torrat mai“.