La collaborazione dell’Uniss in una ricerca sulla Sla.
La ricerca sulla Sla, a cui ha preso parte l’Università di Sassari, apre nuove prospettive nel trattamento di questa malattia. Il lavoro, recentemente pubblicato sulla rivista Nature Communications, è stato coordinato dal Professor Nath e dalla dottoressa Montojo del National Institute of Health (NIH). L’Istituto ha ospitato la Dottoressa dell’Uniss Elena Rita Simula, che ha partecipato attivamente alla ricerca per la sua tesi di dottorato. Insieme a lei, il Professor Leonardo Sechi, suo tutor. Quest’ultimo si occupa da anni di studi nell’ambito della Sla e ha ottenuto risultati importantissimi.
I risultati della ricerca
Come spiega la dottoressa Simula: “Uno dei segni distintivi della Sla è l’accumulo anomalo di una proteina, la TDP-43, nelle cellule nervose. Nel nostro studio abbiamo osservato la carenza di un enzima, l’asparaginasi, e l’espressione eccessiva di un retrovirus endogeno, l’HERV-K. L’asparaginasi ha un ruolo molto importante, perché aiuta a mantenere la corretta struttura delle proteine. La sua assenza, probabilmente causata dall’espressione eccessiva del retrovirus endogeno, causerebbe l’accumulo della proteina TDP-43. Questa catena di eventi potrebbe essere cruciale nella patogenesi della SLA. Di conseguenza, come rilevato dalle nostre osservazioni, il ripristino dell’asparaginasi migliora la vitalità dei neuroni“. Importantissimo, un lavoro precedentemente svolto presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Uniss in collaborazione con il laboratorio del National Institute of Health. Lavoro che ha permesso di documentare, nei pazienti SLA, una risposta umorale specifica nei confronti di particolari porzioni proteiche prodotte da HERV-K.
L’importanza della ricerca e l’incidenza della SLA in Sardegna
La Sla (Sclerosi Laterale Amiotrofica) è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce i motoneuroni. La sua incidenza è particolarmente elevata in Sardegna, dove, ogni anno, colpisce 2,5-3,6 abitanti ogni 100.000. Inoltre, per cause non note, nell’isola sta anche diminuendo l’età di insorgenza (normalmente, la patologia colpisce le persone tra i 60 e gli 80 anni). “Purtroppo – spiega la Dottoressa Simula – al momento, non è possibile effettuare diagnosi precoci e non c’è nessuna terapia in grado di interromperne o controllarne efficacemente l’avanzamento. Per questo motivo, le evidenze riportate nel nostro recente studio, offrono una speranza per una migliore gestione della SLA”.
“Nonostante la rilevanza del risultato – conclude la Dottoressa – all’interno dei laboratori persistono delle difficoltà considerevoli, che non permettono alla ricerca di progredire come dovrebbe. Tra queste, l’assenza di fondi adeguati, che non consente di sostenere progetti a lungo termine. Oppure, le lente e farraginose procedure burocratiche, che impattano negativamente sulle sperimentazioni”.