La vaccinazione ad Ozieri.
I quarantenni sono la generazione che ha inventato l’apericena. Forse, per questo motivo che per noi hanno inventato un open day proprio tra le 19 e le 24 per l’inoculazione del vaccino anti Covid 19. Sono circa le 21 quando mi presento al centro vaccinale di Ozieri. Un percorso obbligato per parcheggiare la macchina. Il primo dei tanti che si incontrano fino al raggiungimento dell’agognata meta vaccinale.
Tutto molto scorrevole, ben organizzato, senza fila, attese brevi, volontari sorridenti ed entusiasti. Io sono veramente emozionata. Seguo il percorso che mi viene indicato, mostro più volte il modulo dell’anamnesi a volontari e infermieri. Quanto dichiarato viene più volte controllato e ribadito.
Faccio l’accettazione, pochi minuti di attesa e poi il controllo finale con un medico. Niente viene trascurato, niente lasciato al caso. Allergie, medicinali assunti, malattie passate e presenti. Mi viene dato l’ok e vengo indirizzata verso l’ultima attesa. Un paio di minuti e sono nel box con una gentilissima infermiera. Nota il mio sguardo, pensa che abbia paura. Le rispondo che sono molto emozionata. Mi fa la puntura, sento appena un pizzico. Mette il cotone di ordinanza e mi lascia andare. “Sei emozionata? – mi chiede prima di salutarmi -. Sono felice di averti vaccinato“.
Un’ultima attesa per la registrazione della data del richiamo e poi nella sala di “decantazione”. Venti minuti sotto l’occhio vigile dei volontari prima di tornare mia vita. C’era un bel tramonto fuori da queste finestre quando questo mio percorso è iniziato. Rosso di sera bel tempo si spera, recita un vecchio adagio. Parole di ottimismo e di speranza, come quella donatami da un vaccino fatto all’ora dell’apericena.