Aggredì i genitori a Santa Maria Coghinas, in aula la made rivive il dramma

tentato omicidio santa maria coghinas tentata estorsione mamma papà

Parla la madre aggredita a Santa Maria Coghinas.

Erano le 4:30 del mattino del 27 aprile 2022, quando Alberto Picci, 49enne, tentò l’omicidio dei propri genitori, a Santa Maria Coghinas. Li aveva aggredì nel sonno. Infiocinato il padre con un colpo sparato con un fucile da pesca subacquea, poi lo accoltellò sul volto. In seguito colpì la mamma con un colpo di forbici in testa. La mamma si riprese dopo un coma indotto farmacologicamente per aiutare il suo organismo a guarire dalle ferite. Poi il papà, Giuseppe, 68enne, dopo mesi di cure intensive per contrastare i danni subiti con l’aggressione, si risvegliò. Ma morì qualche mese dopo. Proprio il giorno dopo in cui il figlio omicida aveva appena subito la condanna a 12 anni di reclusione per il doppio tentato omicidio.

Pertanto, dopo la condanna per tentato omicidio, dimostrato il nesso di causalità che collega la morte all’aggressione, Alberto Picci è stato immediatamente rinviato a giudizio per l’omicidio. Al processo è intervenuta la mamma, Maria Giovanna Drago, 67enne, che reso una drammatica testimonianza riportata da La Nuova Sardegna: “Ho un ricordo molto sfocato: ero a letto, avevo gli occhi chiusi e ascoltavo la musica con le cuffie per addormentarmi. All’improvviso ho sentito un dolore fortissimo alla testa, dicono avessi molto sangue. Non so come, sono riuscita ad alzarmi. Sono andata in soggiorno e ho visto mio marito riverso per terra tra il tavolo e il divano letto. Alberto, nostro figlio, era accovacciato su di lui e gli diceva: “Papà, non ti preoccupare, adesso arriva il 118, ti porta in ospedale e si risolverà tutto”.

“Quando chiamai i carabinieri di Valledoria – ha proseguito la donna nella propria testimonianza – non sapevo ancora che mio figlio avesse chiamato il 118. Ricordo che telefonai anche mio fratello e mia cognata. L’ultimo ricordo che ho è proprio il momento in cui sono entrati in casa i carabinieri. Hanno bloccato Alberto, lui ha detto loro queste poche parole: “Mi raccomando, fatemi avere notizie dei miei genitori, perché sono le uniche persone che mi hanno voluto sempre bene…”. Ho perdonato mio figlio. Mio marito diceva che sicuramente era stato mosso da quella “voce” di cui parlava e che instillava in lui il terrore che qualcuno arrivasse dall’esterno e ci facesse del male. Quella notte deve essere successo così, ma non ha riconosciuto suo padre e sua madre”.

Condividi l'articolo