Il bar di Sassari con i cimeli fascisti.
Un “fascista” a Caniga. Pinuccio Dore ha fatto del suo “Black Bar”, all’ingresso della borgata di Sassari, un museo di memorabilie del Ventennio. Mezzibusti del duce, fez originali, calendari con le massime del conducator, cestini sardi coi simboli del fascio, arredano il locale come i paramenti sacri di una cappella votiva.
La passione giovanile.
“La mia passione – spiega Pinuccio – è iniziata alle medie grazie a un professore di destra. Con lui ho capito che il fascismo non era quello che ci raccontavano.” Dallo studio alla prassi, appena qualche tempo dopo, negli infuocati anni di piombo, il passo è breve: “In piazza d’Italia, a Sassari, coi rossi, era spesso rissa con catene e manganelli”.
Ma le ragioni politiche erano relative. “Picchiarsi era un passatempo. Non c’era altro da fare in quel periodo”, ricorda il 62enne Dore mentre dallo scaffale occhieggia il monumentale “Mussolini nostro padre”, serie Oro, edizione limitata a 999 esemplari, con un anno di confessioni – tra il ’44 e il ’45- del dittatore in declino. E anche il suo seguace di Caniga ha qualcosa da rivelare: “Ho il rammarico di non aver fatto il paracadutista nella Folgore. Il militare allora faceva uomini”. Dopo un anno in aeronautica come soldato semplice addetto all’antincendio, Dore lavora per 27 anni come camionista, soprattutto nel nord Sardegna, alla guida di bestioni da 60 quintali. E nell’abitacolo i consueti ex voto: “Bandiere del duce, e stemmi con l’aquila romana”.
Le icone fasciste.
Icone che non esita a indossare: “Vedi questa collanina col fascio littorio? È in oro e l’ha fatta mia suocera. Una comunista”. Perfino la mascherina anti-covid è effigiata dall’antico simbolo romano, una protezione in stoffa, anche se non in orbace, tessuto in auge ai tempi del regime. Ma non si sente un dinosauro a venerare il passato? “Il fascismo non è passato di moda – sottolinea -. Ci vorrebbe anche oggi ma non una dittatura. Qualcosa di più morbido”.
Sui politici di oggi è impietoso ma salva Giorgia Meloni. “Solo lei ha gli attributi”. Intanto i clienti entrano nel bar e ordinano, indifferenti al mascellone di Mussolini che svetta da ogni angolo. “Qui vengono tutti, anche i comunisti”. Nessuno osa però chiedere un sorso da una delle 41 bottiglie di “vino del camerata” con scritte evocative come “Io bevo e me ne frego”. “Molte le ho prese sul web, altre a Predappio, dove ho coronato il mio sogno: visitare la tomba del duce”, sottolinea Pinuccio, padre di tre figli, anche loro di destra. Gli avventori chiedono una birra. Pinuccio Dore torna al lavoro aggiungendo al motto fascista del “Credere. Obbedire. Combattere”, anche l’imperativo del “Mescere”.