ELEZIONI COMUNALI – La Sassari di Mascia: “La nostra generazione deve scrivere il futuro”

Giuseppe Mascia, candidato sindaco del centrosinistra, parla della Sassari che vorrebbe

Filosofo, chitarrista, capogruppo Pd e candidato sindaco: Giuseppe Mascia racconta i suoi progetti per Sassari. Ex m5s e ora segretario provinciale dei Dem, Mascia parla dell’eredità lasciata da Nanni Campus e rivela come – secondo lui – andranno a finire le elezioni.

Negli ultimi anni ha visto Sassari dai banchi dell’opposizione, da sindaco cosa cambierebbe per la città?

Sono diverse le cose che devono subire un cambiamento. Io sono segretario provinciale del Partito Democratico e sono dieci anni in Consiglio comunale e c’è una cosa che è inequivocabile: questa città ha urgenza di riprendere e di ricostruire il proprio ruolo all’interno di un contesto più vasto. Le generazioni precedenti alle nostre hanno costruito e sviluppato un modello produttivo, economico e sociale che in questi anni ha definitivamente trovato un punto di crisi. La nostra generazione ha il compito di scrivere, nel senso di proiettare la città in un nuovo modello produttivo, economico e sociale. Quindi alla nostra generazione è data la responsabilità di pensarlo, mi riferisco a tutto il quadro del Nord-Ovest. Sassari in questo non dev’essere una città tra le altre, deve essere il cuore. Distribuire una leadership diffusa con un patto territoriale ampio, se Sassari troverà la forza di pensare questa traiettoria allora un ciclo nuovo potrà ripartire.

Il contesto ideale per questo progetto potrebbe essere la Città metropolitana. Un’ente che nasce e muore, tra una riforma e l’altra.

Noi al momento abbiamo lo strumento della Rete metropolitana, perché la Città metropolitana è stata istituita ma poi messa al palo. Innanzitutto dobbiamo iniziare a pensare come Città metropolitana e quindi iniziare a pensare un contesto ampio di progetti, di sviluppo che possano rilanciare tutti i contesti produttivi, tutte le opportunità di Sassari nel proprio contesto. In secondo luogo la Regione Sardegna ora ha una guida forte con Alessandra Todde, la provincia di Sassari ha cinque assessori, ma tutta la Giunta sarà forte e lavorerà con noi, quindi oltre ad avere l’immagine abbiamo anche le leve per poterlo sviluppare, per poter portare a casa i risultati.

Questo per Sassari e i suoi dintorni. Guardando invece al cuore della città, al centro storico coi suoi problemi sempre più urgenti, come si può intervenire?

Certo, questo è un problema vero e non ammetterlo significa non guardare alla realtà delle cose. Il realismo deve essere la prima categoria di chi fa politica e di chi amministra una città o un territorio. Il centro storico deve essere innanzitutto connesso coi quartieri e viceversa. mi riferisco a questioni di carattere urbanistico, a questioni di carattere che attengano le questioni della viabilità, della mobilità. Se il centro storico non rimane isolato, la prima questione che riguarda la sicurezza e la tranquillità può avere la strada giusta per la soluzione. In secondo luogo, da troppo tempo si parla di strumenti, di azioni che non avrebbero il risultato che alcuni raccontano. Portare l’esercito al centro storico non è una soluzione, è un modo di dire qualcos’altro. Nessuno di noi vivrebbe in un contesto in cui sotto c’è un mitra o qualcos’altro, nessuno di noi vivrebbe in un contesto o in uno stato di polizia permanente. Tuttavia la delinquenza, i problemi di giustizia, i problemi di tranquillità e di sicurezza devono essere affrontati. I modi per affrontarli sono tanti. Il piano di rigenerazione e di riqualificazione del Centro Storico è decisivo. Se nel Centro Storico non saranno fatte scelte che riguardano la rigenerazione urbana, la riattivazione del tessuto commerciale, il tessuto produttivo, il tessuto culturale e anche il tessuto sociale. Se non c’è frequentazione, se un luogo non è presidiato allora diventa campo per qualcun altro. In questi anni, nella difficoltà che la società civile, soprattutto nel nord ovest della Sardegna, sta vivendo, quel contesto ha avuto diversi problemi. Ma quel luogo è pieno di risorse.

La nuova gestione della Regione ha bloccato le procedure per i nuovi ospedali: Sassari ne avrebbe bisogno?

Il tema della sanità e della salute pubblica credo sia il primo tema che la cittadinanza sassarese vive, perché la città di Sassari vive anche il carico di tutto il contesto, perché è il cuore di tutto il sistema sanitario territoriale. In questi cinque anni non abbiamo visto un solo mattone di edilizia sanitaria, le questioni annose che assediano la sanità sono rimaste intatte. Per cui uno sviluppo della sanità in quel senso, cioè nel senso di sviluppare un nuovo ospedale, è una direzione che noi dobbiamo intraprendere anche per dare e alleviare tutto il contesto territoriale. Le cosiddette Case della salute con cui istituire una rete territoriale che si occupa di alcune specifiche questioni risolverebbero a Sassari alcuni degli annosi problemi che tutt’oggi abbiamo. La difesa della città di Sassari passa innanzitutto per la difesa della salute. L’amministrazione e il sindaco devono difendere e far valere le prerogative e le rivendicazioni di questa città.

Alle elezioni teme di più la forza del rettore Mariotti coi partiti del centrodestra o l’eredità di Campus con Lucchi e i Civici?

Sono due formazioni diverse, per certi aspetti possono essere nell’immaginario collettivo complementari, ma non lo sono. Sono due posizioni politiche molto differenti, sono molto distanti, rappresentano classi dirigenti differenti che hanno visioni differenti. Noi non abbiamo un timore specifico nei confronti di qualcuno, le rispettiamo entrambe, crediamo di poter proporre alla città una visione della città con azioni concrete, immediatamente attuabili, che risolvano i problemi attuali. Che possano dare la svolta e un cambiamento che in questa città. Se non sapremo imprimere una svolta, questo territorio vivrà la fase depressiva che sta vivendo in maniera costante. Ma questo territorio ha anche le risorse, la capacità gli stimoli, le opportunità per potercela fare.

Azioni concrete. Quali sono le prime che un’eventuale sua Giunta porterebbe avanti?

La prima azione concreta ha a che fare innanzitutto con il modo in cui si lavora a Palazzo Ducale. Io credo che il prossimo sindaco non dovrà partire dalle esigenze degli assessori da collocare, ma dalle esigenze dei vari assessorati. Rivedere la macchina comunale e farla lavorare in modo virtuoso.

Come pensa di dare una scossa alla macchina amministrativa?

La scossa si dà parlando con le persone e quindi non attribuendo alla macrostruttura deleghe in funzione degli assessori che si scelgono. Sicuramente c’è da fare un grande investimento in termini di capitale umano perché la nostra macchina amministrativa ha bisogno di tante risorse. In secondo luogo, un’azione concreta da fare è chiudere questa diatriba infinita con la Regione Sardegna sul piano urbanistico e sulle varianti urbanistiche. Il dialogo interrotto va ripreso per dare luogo e anche sfogo alle potenzialità del nostro piano urbanistico, risolvere le questioni e farlo in continuità amministrativa. Non distruggeremo quello che di buono è stato fatto, continueremo ciò che di buono c’è e miglioreremo e innoveremo con nuove idee.

La Giunta regionale è amica, quali possono essere i vantaggi?

La Giunta, come lei la definisce, è amica ma in realtà anche una giunta di colore diverso e deve essere in qualche modo amica di tutte le amministrazioni comunali. Il fatto che nel nostro territorio ci sia un problema enorme di sviluppo economico e di lavoro ci dà l’opportunità di sviluppare politiche attive con un piano di sviluppo che sia coerente con le proprie potenzialità. Noi abbiamo un agro vastissimo, il più grande che c’è in Sardegna, nella Nurra potenzialità enormi, abbiamo un litorale di cui Sassari ha soltanto una porzione ristretta, ma con un patto territoriale che coinvolge tutte le comunità circostanti noi possiamo sviluppare un progetto armonico di condivisione con le amministrazioni vicine. Non è possibile pensare in termini di campanile, non è possibile pensare in termini di identità sassarese che non lega con l’identità di Sorso, di Castelsardo o di Porto Torres. La Giunta regionale sarà, non amica, ma sarà il nostro braccio. Un patto territoriale si fa quando tutti gli elementi del sistema mirano verso lo stesso obiettivo.

Quindi, secondo lei, non c’è bisogno di allargare lo sbocco a mare trattando la cessione di terreni con Sorso, come propone Mariotti?

Ho molto rispetto per la comunità di Sorso e non vedo le ragioni per cui sia prendere o riprendere una zona che è del Comune di Sorso. Bisogna avere rispetto delle comunità circostanti. Nessun pezzo di territorio sviluppa se a fianco non ha armonia. Noi riteniamo che questo sia un momento di svolta, oggi se non si ha uno sguardo di questo tipo, si va a morire ognuno nella propria piccola e stretta identità, ma le identità muoiono se non hanno connessione con altre identità.

Siete riusciti all’ultimo minuto a trovare l’accordo con Ganau e arrivare compatti. Non siete riusciti però a prendere tutto il bacino del centrosinistra con Brianda che corre da solo. C’è qualche rammarico su questo fronte?

Sì, c’è molto rammarico. C’è molto rammarico. Perché il tentativo noi lo abbiamo fatto a più riprese, in diversi modi, non abbiamo trovato un accordo. Rispetto alle scelte altrui, laddove altri rispettano le nostre. Il centrosinistra è una piccola galassia, ci sono tante differenze. Unire le differenze sarebbe stata la cosa più utile per questa città. Non ci siamo riusciti, ma con grande rispetto si lavora in armonia e la campagna elettorale si farà con grande rispetto nei confronti di tutti.

Cinque opere secondo lei fondamentali per Sassari che sono incompiute o che bisognerebbe in qualche maniera riprendere?

Cinque opere. Innanzitutto dobbiamo portare a compimento lo snodo fondamentale del centro intermodale. È un’opera che Sassari attende da troppo tempo. Il punto vero è sviluppare in questa città una connessione tale che sia un luogo in cui si può andare fuori Sassari, si può arrivare da Sassari con tranquillità, si possa transitare per Sassari con gran tranquillità e soprattutto Sassari al proprio interno sia connessa. Quello che noi per tanti anni abbiamo pensato al centro di salsa e dal punto di vista urbanistico, ci spiegano gli esperti, si è spostato nel corso degli anni perché la città si è sviluppata. E in questo senso un’opera come quella del mercato civico va ripresa, va considerata in un contesto ampio, va considerata connettendola con le qualità e le capacità che ha il territorio. Perché il territorio ha delle grandi potenzialità parla dal punto di vista produttivo e quindi anche dal punto di vista espositivo. Non è possibile che noi abbiamo un contesto così ampio di produzione e non abbiamo un luogo dove esporlo.

E siamo a due.

Un altro tema molto importante è la questione del sistema del verde ambiente e delle valli. Si è discusso molto sul tema che a Sassari viene chiamato come il tema del Canalone, questa opera che deve conservare e proteggere da un rischio idrogeologico noto a tutti. Quell’opera lì è stata pensata per tutelare qualcosa ma, in realtà, se si considera Sassari nel suo contesto più ampio, tutto il sistema delle valli, se letto nella sua interezza, avrebbe dato sviluppo a un’altra opera. Cioè, quell’opera è la derivata di un’operazione che guarda al sistema delle valli in un solo aspetto. Nel loro insieme, il sistema delle valli con quello che nel Puc è individuato come spina verde, darebbe luogo invece a sfruttare tutto quello che è il contesto ambientale con delle valli fruibili in ogni modo, fruibili con servizi, con passeggiate, con strutture, con tutto quello che noi apprezziamo quando andiamo all’estero.

La quarta opera?

Il quarto tema più concreto è la questione della mobilità. La mobilità è un problema molto serio, perché il nostro impianto di mobilità e di viabilità è farraginoso, complicato, non risolve i problemi a tutte le utenze. Il sistema di unire la città con un trasporto unico, con un mezzo di trasporto chiaro che renda possibile l’attraversamento della città in modo univoco e mi riferisco alla metrotramvia. Che deve essere sviluppata perché è un sistema che può entrare dentro la città, non ha bisogno di rompere un equilibrio urbano e può servire i quartieri. Io sono in Consiglio comunale da dieci anni, non vedo ancora alla luce la connessione tra Li Punti e Sant’Orsola e su quella variante io ho votato già tre volte, quindi la nostra amministrazione dovrà risolvere questa cosa.

Perché Sirio continua a girare su se stesso?

E questo è un problema molto serio. Perché Sassari si è arroccata su posizioni a volte di campanile, a volte partitiche, a volte anche di dibattito in città. Questa città ha sviluppato sempre soltanto quando ha prodotto dibattito. Quando ha dialogato, questa città, si è sviluppata. Mi riferisco soprattutto al primo mandato Ganau, nel 2005, quando si è messo a correre il piano strategico. Quando il dibattito e la discussione si fa interno non ha prodotto alcunché. Nell’attuale Pums, cioè il piano della mobilità sostenibile, vi è indicato un mezzo di trasporto fino a Li Punti e da lì a Porto Torres un altro mezzo di trasporto. Ho avuto la fortuna di studiare in Germania e con un unico biglietto giravo per tutto un Land, cioè tutta una regione.

Manca il quinto punto.

Il quinto punto è la risorsa umana, sociale e culturale di questa. Che ha una capacità al proprio interno enorme. Bisogna programmare le attività culturali distinguendo ciò che fa l’amministrazione da ciò che fanno gli operatori culturali. Il cartellone dell’amministrazione comunale di solito lo fanno gli operatori culturali. L’amministrazione ha nel proprio corpo manifestazioni molto importanti come la Faradda, che io voglio chiamare così, e la Cavalcata sarda. L’amministrazione deve programmare la propria attività, gli operatori culturali devono essere in condizione di farlo, agli operatori culturali deve essere data con chiarezza l’opportunità di lavorare. Che significa rendere accessibili gli spazi, riaprire le piazze, riaprire i teatri, ripensare un modo con cui si incentivano le attività culturali, ambito per ambito e anche per livello associativo.

Pensando alla programmazione delle attività culturali da parte del Comune viene in mente il Capodanno 2023…

Si è sbagliato in modo molto forte in quel Capodanno. So perché hanno sbagliato, perché vengo da quel mondo della cultura e lo conosco tutto. Da quando ho 17 anni faccio il musicista, per vent’anni ho organizzato una manifestazione molto grande. Io so perché hanno sbagliato, perché non hanno voluto cercare risorse, erano in una fase in cui stavano ancora tentando di trovare dal disavanzo del bilancio dei fondi. La Regione aveva messo a correre un po’ di soldi, come ha fatto con tutte le amministrazioni.

Oltre Capodanno, cosa ha sbagliato Campus in questi cinque anni?

L’amministrazione Campus si è contraddistinta, io credo soprattutto per un aspetto, che è quello di aver interrotto il dialogo con la cittadinanza. Questo sembra un aspetto non così materiale, ma l’atteggiamento con cui si fa. L’approccio nella scelta delle opere e nella scelta delle azioni con cui si dialoga in città è fondamentale perché quando si fanno scelte sul centro storico, senza discutere prima con tutti i portatori di interesse, la derivata di una scelta di questo tipo, anche se può essere di buona prospettiva, non avrà effetti positivi. Il contesto oggi è talmente complesso che ha esigenze diverse. Non discutere con la cittadinanza in modo opportuno quando, se per esempio, si è aperto al traffico liberamente in tutto il centro, quando si è scelto di fare l’opera nel sistema delle valli nel Canalone, quando l’amministrazione ha ragionato, utilizzando dei fondi per il Turritania, lo sbocco di Porta Sant’Antonio. Guardate, Porta Sant’Antonio e il Turritania In realtà sono l’11% delle volumetrie di tutta un’area. In quell’area ci sono Sant’Antonio Abate, il Casotto Daziario, la Colonna Tavolara e la Torretta Aragonese. Ci sono quattro beni identitari che nessuno conosce, che nessuno frequenta, perché via Saffi è un percorso di corse con le macchine. La scelta del social housing nel Turitania la comprendo, ma io credo che si potesse sviluppare un ragionamento più ampio e non dialogare e quindi l’atteggiamento con cui si fa politica è determinante per le scelte che poi si operano.

Cosa ha fatto di buono il sindaco Campus?

A questo vorrei rispondere con molta serietà. Il lavoro che è stato fatto sul bilancio è stato un buon lavoro, l’abbiamo più volte rilevato sia in Commissione che in Consiglio comunale, la parte sull’avanzo, la risoluzione dei crediti di dubbia esigibilità, aver dato anche sfogo alle possibilità che il bilancio aveva nel proprio corpo e nel recuperare dei finanziamenti che più avanti saranno molto utili al prossimo sindaco. Sui fondi 21-27, così come vengono chiamati, invece non c’è stata una programmazione adeguata. Ma il lavoro su bilancio è un lavoro che noi abbiamo giudicato positivo, per cui come ci siamo espressi in Consiglio, così non ho fatica a esprimermi qua. Credo che alcuni settori abbiano vissuto un’amministrazione poco attenta. Altri, invece, sono stati messi in condizione di lavorare bene.

Quali settori?

Ad esempio la parte che riguarda il patrimonio ha lavorato bene. Il censimento dei beni del Comune e anche lo sviluppo di politiche per alcuni beni del Comune di Sassari hanno avuto e daranno dei buoni frutti. Io mi riferisco per esempio al Museo dei Candelieri, mi riferisco anche al Padiglione Tavolara, anche se in concordato con la Regione Sardegna, ha avuto finalmente ha avuto un sviluppo. Dovremmo risolvere alcune cose, sulla concessione e sull’utilizzo, però è stato un viatico all’interno di questo mandato. Devo dire che anche sul piano della Polizia municipale si è lavorato bene in questa direzione. Ci sono le cose che sono state fatte, non si devono negare. La serietà in politica è la seconda caratteristica che bisogna avere: realismo e serietà.

Pensa di vincere?

Sì.

Al primo turno?

È quello per cui stiamo lavorando.

Condividi l'articolo