Sono 700 i pazienti a Sassari.
Ricade oggi, 18 maggio, la giornata mondiale per la sensibilizzazione alla ricerca per il vaccino contro l’Hiv. Una parte della comunità scientifica è impegnata a individuare un possibile vaccino in grado di proteggere da una parte i soggetti che non hanno contratto l’infezione da Hiv, dall’altra avere un effetto terapeutico per coloro che hanno già contratto l’Hiv. Attualmente, infatti, non esiste un vaccino ma molti gruppi di ricerca sono impegnati in studi clinici per crearne uno.
“Cogliamo questa occasione – afferma professor Paolo Castiglia, direttore della struttura di Igiene e controllo Infezioni Ospedaliere e responsabile del progetto Vaccinarsinsardegna – per richiamare la sensibilità di tutti verso questo importante obiettivo, a cui il mondo scientifico lavora ormai da diversi anni. Ed è proprio la ricerca sul vaccino per l’Hiv che di fatto ha creato una base straordinaria, senza precedenti nella storia vaccinale, per la velocità di sviluppo di piattaforme vaccinali utili anche per il vaccino coronavirus per il quale nell’arco di soli 4 mesi sono state avviati più di 90 trial vaccinali. D’altra parte – prosegue –, la pandemia da coronavirus ha fatto chiaramente comprendere a tutti la necessità di un’impresa vaccinale. La fine durevole e sostenibile di qualsiasi pandemia dipende da un vaccino”. Questa giornata è quindi un’occasione per continuare a mantenere acceso un faro sull’infezione da Hiv che, in questi ultimi anni in Italia, sembra interessare le fasce più giovani della nostra popolazione.
Secondo i dati a disposizione dell’Iss, nel 2018 in Italia sono state riportate 2847 nuove diagnosi di infezione da Hiv, pari a 4,7 nuovi casi per 100.000 residenti. Le persone che hanno scoperto di essere Hiv positive nel 2018 sono maschi nell’85,6% dei casi. L’età mediana è di 39 anni per i maschi e 38 anni per le femmine. L’incidenza più alta è stata osservata nelle fasce d’età 25-29 anni (11,8 nuovi casi ogni 100.000 residenti) e 30-39 (10,9 nuovi casi ogni 100.000 residenti).
Nel 2018 la maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv è attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituiscono l’80,2% di tutte le segnalazioni.
Un ruolo di primo piano sul territorio nella cura dell’Hiv e dell’Aids lo svolge la clinica di Malattie infettive dell’Aou di Sassari. Sono circa 700 i pazienti in terapia per infezione Hiv e Aids mentre oltre un migliaio quelli che gli specialisti della struttura diretta da professor Sergio Babudieri seguono nelle carceri, al Serd, nella case famiglia, nelle comunità. Un’attività molto estesa che supera i confini della città, per toccare il territorio del nord Sardegna. La struttura in questo periodo è stata totalmente assorbita dall’emergenza sanitaria del Covid19. “Stiamo lavorando per riaprire Malattie Infettive ai pazienti con Hiv e Aids e fornire loro la consueta assistenza sia clinica che terapeutica – spiega professor Babudieri – con l’obiettivo di farlo entro la prima metà di giugno”.
“Un avvio verso la fase 2 ma con la massima flessibilità. Saremo sempre in grado, infatti, di riconvertire il reparto, nel caso in cui dovesse ripartire una nuova emergenza sanitaria che possa interessare l’isola”, aggiunge il commissario Giovanni Maria Soro.