Un senzatetto vive fuori dal tribunale di Sassari.
Vive da anni nel Palazzo di Giustizia di Sassari. O meglio, all’esterno, in una rientranza a due metri da terra dell’edificio neoclassico, utilizzata come letto o belvedere sospeso. Questa una delle due dimore a cielo aperto, l’altra è la panchina di fronte dall’altra parte della strada, che il clochard occupa da qualche tempo in via Roma. “Anni”, precisa aggiungendo che “si sta benissimo. Come sull’Aspromonte”.
La storia del clochard di Sassari.
È solo la prima di una serie di frasi del senzatetto introdotte, ironicamente, da “Mi avvalgo della facoltà di non rispondere”. Ma non si ha bisogno di chiedere nulla, ci pensa lui a domandare: “Meglio essere il primo degli ultimi o l’ultimo dei primi?”. Il tempo per pensarci manca, perché è già oltre: “Sono di Nuoro. Anzi, di Alghero”. Il nome non lo dice ma la data di nascita, il codice fiscale e il numero di telefono del suo presunto avvocato sì. In più recita a memoria il testo integrale di “Quelli che benpensano”, vecchia hit di Frankie hi-nrg ed enumera i suoi possedimenti: “Radio, power bank per la radio, una stampella”.
Saluta per nome tutti gli avvocati che passano e loro ricambiano come davanti a una vecchia conoscenza. Qualcuno gli fa notare che non indossa la mascherina e lui replica con una lunga tirata in sardo. “Ma voi – esclama inquadrandoci – siete della presse, delle news?”.
Come reazione all’assenso lui porge la scarpa: “Gentilmente, un contributo”. Qualche moneta rotola all’interno delle vecchie Superga. Poi guarda il cielo: “Oggi sole, tra poco mi metto a dormire sulla panchina”. La rientranza del tribunale è delegata infatti, in teoria, a proteggerlo dalla pioggia. Ci allontaniamo. A distanza di decine di metri si può ancora sentirlo mentre apostrofa i legali: “Buongiorno! Gentilmente…”