Nanni Campus si prepara all’addio e racconta le sue esperienze da sindaco di Sassari
Nanni Campus aveva lasciato l’incarico da sindaco nel 2005 per riprenderlo nel 2019, ora sta uscendo di scena e racconta la sua esperienza. “Tra il mio primo e il secondo mandato è stato semplicemente finito il lavoro che avevo avviato: solo taglio di nastri, ma non è stata avviata nessun’altra opera”. Il primo cittadino è convinto che il suo progetto civico sia il futuro, così come la scelta di non fare politica per professione e quindi di non ricandidarsi.
Ha guidato Sassari dal 2000 al 2005 e dal 2019 al 2024. Come è cambiata la città in questi anni?
“La città in 24 anni è cambiata molto. In quei quasi 15 anni tra i miei mandati c’è stato un rallentamento di quelle attività di ricostruzione che erano state avviate nel mio primo mandato. Questo è nei fatti, non è propaganda, se guardiamo a tutte quelle grandi opere che hanno modificato le abitudini di vita dei sassaresi. Parlo dei parcheggi interrati piuttosto che il rifacimento di tutte le strade e tutte le piazze del centro storico piuttosto che i giardini monumentali come il Giardino di Monserrato, il Parco di Bunnari ricreato e poi lasciato decadere. Indubbiamente in questi 15 anni c’è stata una minore attenzione”.
Come ha trovato il Comune al suo ritorno a Palazzo Ducale?
“Quando mi sono insediato nel 2019 ho trovato un solo progetto esecutivo ed era sbagliato. È quello del palazzetto dello sport, una cosa folle, ci sta costando il doppio di quello che sarebbe costato a qualsiasi altra città. Non ho trovato un cantiere aperto, ho trovato dei soldi mal indirizzati che ho dovuto rifar progettare. L’esempio più classico, noi abbiamo un mercato civico vergognoso che in solo 12 anni di funzionamento è già da buttare”.
Come mai decise di tornare al suo posto?
“Diciamo che Nanni Campus due volte senatore della Repubblica, una volta sindaco, una volta consigliere regionale, professore ordinari, direttori di dipartimento universitario e ospedaliero di rifare il sindaco non è che ne avesse assoluta necessità. Ma mi sono sentito in dovere di mettermi di nuovo a disposizione per dare una scossa e la scossa c’è stata perché abbiamo vinto contro tutti i partiti. Siamo la prima città in cui un progetto civico ha vinto e poi ne sono arrivate altre, come Quartu e Nuoro, con progetti civici più o meno similari o comunque staccati da una dipendenza partitica. Però noi siamo stati i primi, siamo stati davvero quelli che hanno aperto la strada e fatto capire alla Sardegna che esiste un popolo che non dipende né da Roma né dalle scelte di qualche segreteria”.
Però la vittoria di questo progetto civico ha funzionato grazie al curriculum di Nanni Campus di cui parlava. Una nuova investitura, ovviamente, non ha quell’autorevolezza: c’è il rischio di disperdere un po’ questo bacino?
“È sicuro, è chiaro che il progetto civico nasce da me, ma nasce nella città e nei cittadini. Mi chiedono di fare da portabandiera perché indubbiamente avevano bisogno di un prodotto conosciuto, diciamo così. Io accetto e come primo impegno assumo quello di costruire classe dirigente costruire una classe dirigente che venga da questo civismo e non in quanto l’assessore indicato dal segretario provinciale di quel partito, di quell’altro partito, io avendo già fatto il sindaco e avendo già vissute queste esperienze di assessori imposti, assessori protetti, minacce, a prescindere dalle capacità e dalle qualità. Solo per un accordo interno al partito. Ho accettato di fare il sindaco libero da vincoli che non fossero quelli di un patto di amministrazione, cioè amministrare la città”.
In questi anni la vita del progetto civico non è stata semplice e non era scontato che si arrivasse alla scadenza naturale del mandato.
“Alcuni pezzi della maggioranza li ho dovuti allontanare perché stavano diventando corpi estranei rispetto al progetto civico. Seguivano logiche di parte e in alcuni casi il loro interesse personale. Cioè esistevano loro, non era un progetto, non era un insieme: per loro in testa c’era solo l’io. Se sei tu lavori da solo, ma non lavori con tutto il progetto”.
A quel punto è arrivato il soccorso dei Cinque stelle.
“L’ingresso degli ex Cinque stelle in maggioranza mi ha consentito praticamente per quasi tutto il mandato di poter arrivare fino a oggi. Non è stato un accordo politico, ma un accordo amministrativo. Con loro abbiamo sottoscritto un patto per la città, tant’è che quando il loro partito ha cercato di imporgli una presa di posizione politica sono loro che sono usciti: hanno preferito mantenere l’impegno con la città che non seguire un accordo politico”.
La frattura è arrivata con l’approssimarsi delle Regionali, perché l’accordo sassarese con Nanni Campus era in contrasto con le manovre del Campo largo.
“Era una cosa che valeva qua ma non valeva da dieci chilometri in poi, quindi era normale che prima o poi la cosa saltasse fuori. Ma a loro va il merito di averlo fatto alla vigilia di un’elezione che si sapeva che qualche maniera si poteva anche ipotizzare con più facilità una vittoria di un centro-sinistra anzi di una presidente dei Cinque stelle. Questi consiglieri comunali hanno rinunciato a una possibile carriera politica all’interno di un carro vincente per mantenere un impegno di fedeltà. Non nei confronti di Nanni Campus, che dopo pochi mesi sarebbe finito, ma per un impegno preso con la città. Questo è il civismo”.
Però lei non lo vuole più portare avanti, almeno in prima persona.
“Se guardiamo i miei predecessori, notiamo quasi tutti hanno gestito la città nella prospettiva di una candidatura successiva. Invece cosa c’è di più bello che mettersi al servizio libero da vincoli?”.
Perché quindi la scelta di non proseguire? C’è il rischio che questa spinta di cui parla si fermi, come è successo l’altra volta.
“Nella mia vita solo una volta mi sono ricandidato: al Senato. Perché la prima legislatura era data solo due anni, quindi come dire, aveva appena assaporato l’antipasto che era arrivato lo scioglimento delle Camere. Dopodiché ho fatto il sindaco una volta, poi ho smesso e sono rientrato al lavoro. Poi ho fatto il consigliere regionale una volta e sono rientrato al lavoro. Quando mi candidavo sapevo già di fare un solo mandato. Questo da un lato mi dà la libertà mentale di poter lavorare impegnandomi solo sul lavoro e non con retropensieri di nessun genere e dall’altro mi consente di disintossicarmi”.
In politica quando si esce di scena si passa dall’essere coccolato dallo chef a non venire neanche riconosciuto dal cameriere.
“La politica potrebbe anche diventare una brutta malattia per chi pensa di poterne fare un mestiere. Dà dipendenza, molti se li togliamo da quella carica politica sono niente. È dura se non sei preparato ad affrontare un salto da quando tutto è dovuto a quando sei nessuno perché non conti più niente. Se parallelamente non ti tieni la tua vita professionale, rischi di finire in depressione, se va bene”.
Qual è il rapporto coi suoi concittadini?
“Ecco, la differenza che ho trovato rispetto all’altra volta sono i social. I social sono uno strumento drammatico da un punto di vista della disinformazione. Se vai a vedere, in tanti dicono questo servizio non funziona, quest’altro servizio non funziona. Io come sindaco ho accesso ai dati dei tributi e vedere che la gran parte di quelli che si lamenta di più non pagavano nemmeno le tasse, né comunali né statali. Però protestavano per i servizi che con quelle tasse vengono pagati. Per carità, puoi criticare tutto ma prima almeno mettiti in regola tu con la tua città. E guadagni il diritto di criticare il servizio. Non paghi e però dici che schifo di servizio”.
Prima di lasciare Palazzo Ducale, un giudizio di Nanni Campus sui cinque aspiranti successori.
“Nicola Lucchi ha lavorato con me alla nascita del progetto civico, è stato un ottimo assessore, assolutamente. Quindi il giudizio su Nicola è scontato”.
Gli altri quattro?
“Credo che ci siano delle differenze tra i candidati. Sono quasi tutti delle ottime persone, dico quasi perché su alcuni non mi posso assolutamente esprimere. Perché non ritengo nemmeno di dover sprecare tempo per raccontare determinate persone che francamente mi lasciano totalmente indifferente e che rimarranno indifferenti alla città”.
Ok, Palopoli non è il suo preferito: gli altri tre?
“Parliamo di tre brave persone, tre che hanno comunque costruito qualcosa o che stanno costruendo qualcosa nella loro vita: Gavino Mariotti, Mariano Brianda e Giuseppe Mascia. Ma ritengo che rispetto al candidato Lucchi tutti e tre abbiano un problema: lui può andare in campagna elettorale dicendo quello da cui si parte e quello che è già stato fatto. Lucchi ha le prove di quello che questo progetto, questa squadra e quindi anche lui, ha fatto”.
Gli altri possono però annunciare quello che vorrebbero fare di diverso e in campagna elettorale la discontinuità è una buona moneta da spendere.
“È chiaro che in qualche maniera parlare di discontinuità possa essere efficace, il problema è se si cerca la discontinuità rispetto a chi ha portato 35 milioni di euro al centro storico. Io mi vantavo di aver portato nell’altro mandato 28 milioni, mai avrei pensato che si potesse superare quel risultato”.
Non si può dire che i problemi del centro storico di Sassari siano stati risolti…
“Si parla di ripopolare il centro storico, ma chi sta mettendo mano all’Hotel Turritania per farne 28 appartamenti? Eppure il Turritania è lì da 50 anni. Vogliamo dire che si poteva fare di più? Chiaramente si può sempre fare di più. Penso al centrosinistra che vuole andare in discontinuità con i civici. E in questi 15 anni cosa avete fatto? Mascia è sicuramente un bravo ragazzo, ma quel governo la città l’ha conosciuto per quindici anni e in questi quindici anni al centro storico hanno disegnato una tartaruga al Turritania. Non hanno fatto altro”.