Due sassaresi hanno portato dalla Polonia in Italia cinque profughi.
Una piccola, grande storia che unisce Sassari e l’Ucraina, volontari e profughi. Ne sono protagonisti Marco e G., “Niente cognomi, non vogliamo pubblicità”, partiti la scorsa settimana a loro spese da Olbia verso Livorno e la città polacca di Przemysl, raggiunta attraverso l’Ungheria. A bordo di una Volkswagen Touran da 7 posti, carica di cibo- “Pasta, riso, latte, sugo”, arrivano al confine tra i due paesi dell’Est, tra la pace sospesa e il conflitto a pochi km di distanza. “Abbiamo visto tutta l’Europa solidale – spiega Marco – dalla Germania alla Francia all’Italia”. E migliaia di ucraini stipati nel centro commerciale della cittadina, nella zona industriale, dove al posto dei negozi ci sono stand numerati con le destinazioni dedicate.
“Quello dell’Italia – continua Marco – è il numero 13. Come negli altri vedi tante brandine una accanto all’altra e persone di tutte le estrazioni sociali. Mi è rimasta impressa una signora sugli 85 anni, tutta sola, nel suo lettino con lo sguardo perso chissà dove. È stato devastante vederla così”. E smarriti sono anche le due mamme, due bambini e la nonna che i due sassaresi, in accordo con la Protezione civile, hanno portato in Italia. “Sì, spaesati. Scappavano tutti da Sumy e dai bombardamenti. Magari le giovani pensano di far ritorno prima o poi ma la nonna era molto spaventata all’idea”. Persone giunte a Przemysl in pullman stipati dopo trenta ore di viaggio lungo un tragitto per cui, in tempo di pace, ce ne sarebbero voluti al massimo due.
L’urgenza di lasciare quelle terre e la guerra incombente è tanta: “Quando abbiamo chiesto se volevano fermarsi per la notte ci hanno risposto di continuare senza soste”. Sedici ore quindi di guida dandosi la guida al volante per raggiungere Pisa dove i cinque hanno dei parenti. “Mantengono una grandissima dignità. Abbiamo fatto una breve tappa all’autogrill e ci hanno voluto a tutti i costi offrire un panino e all’arrivo volevano sapere quanto gli dovevamo per il viaggio”. Nulla, la risposta, come è ovvio. Intanto si continua, grazie alle diverse associazioni di volontariato, a fare avanti e indietro dalla Sardegna per aiutare il popolo ucraino. Lo rifareste: “Sì”.