Cartellino rosso al cancro, Gabriele a 20 anni ha vinto la sua battaglia ad Alghero

Gabriele SariGabriele Sari prima, durante e dopo la malattia

Il messaggio di speranza di Gabriele Sari a tutti i malati.

Cancro, una parola che spaventa, che è difficile anche pronunciare senza provare quel senso di inquietudine che spesso ci porta a cambiare discorso. Eppure è una malattia sempre più diffusa, nelle sue diverse varianti, e la medicina ha fatto enormi passi avanti, permettendo ai malati di cancro di avere cure più efficaci, ancorché distruttive per il fisico. Chi si ammala entra in un buio tunnel di paura, si sente solo, impotente davanti al mostro. Per questo, la testimonianza di persone che hanno vinto la malattia è importantissima. Abbiamo raccolto quella di Gabriele Sari, studente ventenne di Alghero, arbitro di calcio dell’A.I.A. – F.I.G.C. e attivista, un ragazzo come tanti, che ha sospeso la propria vita normale per combattere contro il cancro.

“Raccontare la storia della propria malattia significa lavorare su sé stessi. Dirsi che il peggio è passato, che il futuro ora ci sorride, che la nostra vita può riniziare – afferma Gabriele -. Ma significa anche fare i conti con un passato che a volte torna invadendo i sogni della notte, un incubo già vissuto che interrompe e toglie il sonno. Il mio incubo è iniziato nel febbraio 2020, quando ho iniziato ad avvertire un fastidio al braccio destro. Nei giorni il fastidio è diventato dolore, un dolore sempre più forte, tanto da costringermi a sottopormi a varie analisi ed esami e interrompere allenamenti e arbitraggi. Alla fine del mese il dolore era talmente forte che sono stato ricoverato in ospedale per procedere ad una biopsia dei linfonodi, ormai ingrossati all’inverosimile”.

Inizia il calvario. “Il responso è stato veloce e inesorabile, duro da accettare: cancro. Precisamente, un linfoma. I giorni successivi sono stati parecchio movimentati. Ho cambiato ospedale una volta, poi un’altra ancora. Sono arrivato a Cagliari, all’ospedale Microcitemico, dove sono stato sottoposto alla solita infinita serie di esami che, se non avessi i documenti che mi aiutano a ricordare, avrei già rimosso dalla mia mente. Infine, a metà marzo ho iniziato la chemioterapia“.

Gli effetti della cura sono devastanti, anche per un ventenne. “Il primo dei sei cicli di chemioterapia è stato il peggiore. D’altronde, l’organismo non conosce quelle sostanze così aggressive. La chemio ti salva la vita, ma distrugge il tuo corpo, le tue difese immunitarie, le tue forze fisiche e pure quelle mentali. Non riuscivo ad alzarmi dal letto, tenere gli occhi aperti era difficile, mangiare era diventato impossibile. Ecco dunque la repentina perdita di peso. Ma la perdita che mi ha spaventato di più è stata quella dei capelli. Si sa che è un tipico effetto collaterale della cura, ma quando ti svegli la mattina e noti sul cuscino alcuni capelli caduti durante la notte, è proprio in quel momento che assumi la piena consapevolezza di essere gravemente malato, che la tua vita è sospesa, che dovrai lottare”.

La reazione dell’organismo è più forte se il malato ha voglia di lottare. “È il momento in cui ti abbatti, ma subito dopo devi raccogliere tutte le tue forze e capire che devi lottare sino all’ultimo. Che i problemi da affrontare saranno tanti, duri e immeritati, ma la tua vita vale più di tutti quei sacrifici, di tutte le rinunce che sarai costretto a fare per i mesi successivi”.

Il malato è più forte se non è solo. “Il senso di solitudine è indescrivibile. Hai voglia di parlarne, ma sei in isolamento, lontano da famiglia, parenti, amici, anche se sai che stanno lottando con te”.

Cartellino rosso per il cancro. In fondo al tunnel, la luce. Ma il percorso è ancora lungo. “Grazie ai medici, a tutto il personale ospedaliero, alla ricerca, alle associazioni e ai farmaci, dopo sei cicli di terapia il linfoma è sparito dal mio corpo. Certo, in termini medici la parola “guarigione” presuppone che sia trascorso un certo periodo di tempo dalla fine delle cure, ma io ora sto bene e guardo al futuro con ottimismo“.

Il messaggio a chi, suo malgrado, si trova all’ingresso dello stesso tunnel. “In questi mesi mi è stata ripetuta una frase in continuazione: “Quanto sei stato forte. Al posto tuo non sarei mai riuscito a superare quello che hai superato tu.” Ecco, non c’è frase più sbagliata. Nei momenti di sofferenza ognuno di noi è in grado di tirare fuori una forza impressionante, che prima non pensava di avere. La nostra mente e il nostro corpo sono incredibili, prima di essere distrutti combattono con tutte le forze che hanno a disposizione. Anche chi crede di essere debole è in grado di sprigionare grandissima forza, se le circostanze lo richiedono. Serve una grande forza di volontà. La malattia distrugge, certo. Ma fa anche crescere, maturare. Ti aiuta a capire quali sono le cose veramente importanti, quali sono le persone sulle quali puoi contare, quali sono i momenti che non devono essere dimenticati. Dopo aver vinto la malattia, tutto appare più semplice, perché se hai superato quell’ostacolo così imponente, niente ti impedirà mai di superare altre sfide“.

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