Sergio Pinna, il portiere senza paura degli anni d’oro della Torres: “Il derby, Zola e il rapporto con i tifosi”

Il portiere della Torres Sergio Pinna.

Sergio Pinna, portierone della Torres d’oro, è un idolo dei tifosi ancora oggi, a oltre un quarto di secolo dal ritiro. “Ho fatto vent’anni coi colori rossoblu”, precisa lui in una lunga conversazione in un locale del centro di Sassari, riavvolgendo il nastro di una vita trascorsa tra i pali. Dai primi tuffi per ghermire la palla nel quartiere di Monte Rosello dove è nato all’esperienza col Franco Bar fino all’esordio clamoroso, sedicenne, con la maglia torresina a Pietrasanta: “Penalty contro di noi a dieci minuti dalla fine. Lo paro”. Un’arte, quella di castiga-rigoristi, che Pinna coltiverà per tutta la carriera, insieme alla nomea di portiere spavaldo e coraggioso: “Ero un pò sgraziato, come il Garella del Napoli di Maradona, ma molto redditizio”.

Un’efficacia la sua misurata già dai primi riconoscimenti come quando, militando diciottenne per l’Alghero, ricevette il premio come miglior giocatore interregionale. Nel dna del portiere il rischio, oltre alla personalità: “Con la Torres giocavamo in trasferta nel girone Sud, non eravamo ben visti. Si reagiva… non è che potevamo prendere schiaffi sempre noi. Dovevi essere preparato alla battaglia, altrimenti era meglio scegliere l’ufficio”. Pinna non si sottraeva nemmeno ai microfoni: “Prima del derby col Cagliari in C1 dissi in un’intervista a Videolina che avremmo vinto noi. Venni preso di mira dalla tifoseria avversaria e dovetti andarmene dal Sant’Elia scortato dalla polizia”. Odiato dalle altre squadre ma adorato dai supporter sassaresi che, incontrandolo negli anni ’80, non potevano che dirgli ‘Zi vidimmu alla Torres’. Il detto che ha accompagnato una generazione di tifosi e che è legato a doppio nodo con la famosa partita di Alessandria del 1987 e la promozione torresina: “Cosa ricordo? Che Piga ha fatto gol e siamo saliti in C1. Quella è stata la squadra più amata.”

Una scalata da associare anche al mitico presidente Rubattu, al mister Leonardi e a un team che ha fatto della coesione il suo principale valore: “Eravamo una famiglia, c’era amicizia vera e non improvvisata”. Che ha condiviso di tutto, dai momenti felici a quelli drammatici ai comici: “Col Foggia un tifoso dei loro, vestito da diavolo, ha cosparso di sale il campo per scaramanzia contro di noi. Ma poi Zola ha fatto gol e io ho pensato ‘Già ti lu magni quel sale…'” E a proposito del campione di Oliena e di forza dello spogliatoio: “Leonardi non voleva schierarlo ma Piga e Petrella, i due senatori, gli hanno detto: Deve giocare il ragazzino. E per il mister la loro parola era legge”.

Per Pinna, dopo la Torres il passaggio al Casarano e, subito dopo, il grave infortunio: “Cadendo in allenamento mi sono rotto tibia, perone e malleolo”. Un incidente che gli costa di fatto la carriera: “Ma non ho rimpianti. Sono arrivato dove potevo arrivare”. Oggi fa il preparatore dei portieri per il Latte Dolce. Insegnamento? “Quello che hanno dato a me. Para con le mani, i piedi, le orecchie, ma para“. Sulla nuova Torres ora gestita da Abinsula si mostra fiducioso: “Sono bravi imprenditori e, per me, tra uno o due anni faranno arrivare la squadra tra i professionisti”. L’ultima battuta è per il soprannome di ‘curraccia’ che lo accompagna da una vita: “In realtà chiamavano così mio fratello, anche lui portiere. A me i tifosi dicevano soltanto ”Sei il numero uno, sei il nostro numero uno‘.”

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